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Apuleio
Metamorfosi (l'asino d'oro), IX, 7
 
originale
 
7. Nec ille sermoni mulieris defuit, sed exurgens alacriter: "Vis" inquit "verum scire, mater familias? Hoc tibi dolium nimis vetustum est et multifariam rimis hiantibus quassum" ad maritumque eius dissimulanter conversus: "Quin tu, quicumque es, homuncio, lucernam" ait "actutum mihi expedis, ut erasis intrinsecus sordibus diligenter aptumne usui possim dinoscere, nisi nos putas aes de malo habere?" Nec quicquam moratus ac suspicatus acer et egregius ille maritus accensa lucerna: "Discere," inquit "frater, et otiosus adsiste, donec probe percuratum istud tibi repraesentem"; et cum dicto nudatus ipse delato numine scabiem vetustam cariosae testae occipit exsculpere. At vero adulter bellissimus ille pusio inclinatam dolio pronam uxorem fabri superincurvatus secure dedolabat. Ast illa capite in dolium demisso maritum suum astu meretricio tractabat ludicre; hoc et illud et aliud et rursus aliud purgandum demonstrat digito suo, donec utroque opere perfecto accepit septem denariis calamitosus faber collo suo gerens dolium coactus est ad hospitium adulteri perferre.
 
traduzione
 
Dal canto suo l'amante non fu da meno della donna e, spuntando fuori: ?Vuoi sapere la verit?, buona donna?? le fece. ?Questa tua botte ? troppo vecchia e sgangherata. Ha certe crepe che paion fessure,? e rivolgendosi come se nulla fosse al marito: ?E tu buon uomo, chiunque sia, fammi il favore di darmi una lanterna; voglio toglierci tutto lo sporco per vedere se pu? ancora servire. Non crederai mica che io li vada a rubare i miei soldi!? E quell'intelligentone, quella perla rara di marito, tutto premuroso senza sospettare di nulla, acceso il lume: ?Tirati su di l?, amico mio, e stattene quieto e comodo. Ci penser? io a farlo e te la mostrer? quand'? pulita.? E cos? dicendo, toltisi gli abiti, si cal? dentro con il lume e cominci? a raschiare tutta la gromma che con il tempo s'era formata in quella vecchia giara. Dal canto suo l'amante, un pezzo di ragazzo, si lavorava di gusto, dal di dietro, la moglie del fabbro che se ne stava appoggiata e curva sulla giara e che anzi, da vera puttana, sporgendo il capo all'interno, si prendeva gioco del marito dicendogli: ?Pulisci qui, c'? ancora sporco l?, e qua e l?,? finch? portato a termine ciascuno il suo lavoro, e avuti i suoi sette denari, quel disgraziato fabbro fu costretto a caricarsi in spalla la giara e a portarla fino a casa del suo rivale.
 

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